Mi sembra falso il tormentone sulla scomparsa dell’architettura all’italiana dal palcoscenico globale. Mi sembra falsa l’idea che la cultura architettonica italiana sia debole, malata, morta e stecchita. Se avessi il fiato di prendere in esame la cultura, dico la cultura teorica e pratica, progettuale e costruttiva, dello spazio pubblico e dello spazio privato, dello spazio insediativo e dello spazio reinsediativo nello stratificato territorio urbano, nello stratificato territorio extraurbano, forse riuscirei a dimostrare che il contributo nostrano se non è vivo nel solco nella tradizione, è vitale nel tramando della nuova sensibilità operativa pertinente agli architetti giovani. Tuttavia, malgrado la mia insufficienza critica, la cosa sta così e ne avrei di esempi da portare. Uno per tutti è l’esempio dato dal lavoro esposto e llustrato qui, esibito sulla pagina di Libria.