Due libri si intrecciano in questo: il primo testimonia l’opportunità e l’urgenza di costruire storie, il secondo è la restituzione in segni e parole di un’architettura in forma di volume. Due sono le questioni che si affrontano: la prima insiste sulla missione primaria e dimenticata dell’architettura, strumento di narrazione quale che sia il suo linguaggio; la seconda sul suo rapporto con la costruzione e dunque con la tecnica. Entrambe le questioni si fondano e sostanziano nel meraviglioso o nel bisogno di meravigliarsi, di vedere diversamente le cose. Non scienziati ma visionari, non oggettivi ma arbitrari, non certificatori di presenze ma produttori di miti: realisti capaci di vedere oltre, gli architetti costruiscono lo spazio che ci sorprende raccontandolo come ciò che desideriamo. Una terra e la sua città (Melfi) e un progetto e la sua storia (mirabile) condensano in pochi fogli le due questioni che, come un giano bifronte, si inseguono per ritrovarsi.